“Si è soliti individuare le origini del Karate nel metodo di combattimento indiano che venne introdotto dal 28° patriarca buddista Bodhidharma (noto in Giappone come Daruma Taishi) vissuto nel V-VI Secolo d.C., il quale, trasferitosi dall’India in Cina, si stabilì nel tempio di Shao-lin (in giapponese Shorinji).
Qui egli avrebbe iniziato ad insegnare tecniche di respirazione ed altri esercizi che sono alla base delle moderne arti marziali.
Dalla Cina, secondo una delle ipotesi più credibili, attraverso la Corea la tecnica di combattimento del tempio di Shao-lin arrivò nell’arcipelago giapponese delle Ryu Kyu ed ebbe una particolare evoluzione nell’isola di Okinawa dove la tradizione narra che si sviluppò definitivamente quando i Giapponesi invasero l’isola e vietarono ogni arma.
Questo metodo di combattimento, conosciuto col nome di Okinawa-te (mani di Okinawa), assunse specifiche denominazioni dal nome di tre località in cui veniva praticato: Shun-te (mani di shun), Naha-te (mani di Naha ) Tomari-te ( mani di Tomari).”
Da questo momento in poi si è in grado di ricostruire con più sicurezza lo sviluppo e l’evoluzione che hanno portato all’odierna configurazione del Karate e delle varie scuole e stili in cui esso si articola. Gichin Funakoshi, così come Jigoro Kano aveva fatto per il Ju-jitsu trasformandolo in Ju-do, tramutò il Karate di Okinawa in Karate-do sviluppandone ed esaltandone l’aspetto educativo di questa disciplina.
Da allora il Karate ha subito ad opera di altri grandi Maestri, una profonda evoluzione sia sul piano tecnico-fisico, sia su quello della concezione stessa della difesa personale.
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